Immaginatemi con tanto di pass al collo con soprascritto “staff”, blocchetto degli appunti (ok, era il mio telefono) e carico di energia, con la responsabilità di raccontare, dal mio punto di vista, la seconda edizione del Triplo Sound Festival. Immaginatevi la sensazione. Spoiler: è stato incredibile. Tra chiacchiere, buona musica e qualche spuntino, il tempo è volato, ma il festival non è stato solo divertimento: numerosi momenti mi hanno stimolato riflessioni profonde e invitato a pensare, rendendo l’esperienza al contempo piacevole e significativa.
Il festival si è aperto venerdì pomeriggio con la musica degli “Eggs” (Gabriele Tardiolo in arte Svedonio e Valerio Bellocchio) a seguire Massimo e Caterina Zamboni e Davide Ferrario ci hanno trasportato nella lontana Mongolia con immagini, parole e suoni.
Alle 6.30 del sabato mattina il Festival già era sveglio per un suggestivo concerto all’alba, ma, confesso, io non ero sveglio e quindi non ho potuto che accogliere le impressioni di chi invece c’era: “unico” è stato l’aggettivo più utilizzato per raccontarlo.
Nel primo pomeriggio dello stesso giorno Stefano Zazzera ha generato un’esplosione di energia al palazzo del Popolo, ha acceso un fuoco e un faro sul tema delle barriere e dell’inclusione fra arte, musica e espressione corporea che ha raggiunto il suo culmine con Simona Atzori. “Guardando e ascoltando Simona Atzori, incantata dal suo gesticolare con il piede destro, ho capito ancora di più quanto l’unicità dell’essere umano sia un valore da continuare a trasmettere a voi ragazzi. Tante Simona Atzori abbatteranno più barriere di quante le vedete”; così la mia prof, appena mi ha visto sabato sera ha esordito, carica di emozione dopo aver visto l’intervista all’artista.
La serata di sabato si è conclusa con una divertentissima chiacchierata insieme a Matteo Santarelli, uno dei due fondatori della pagina Instagram e Facebook “La Ragione di Stato”; il popolare canale social conta oltre 100 mila followers e unisce sport, musica e politica con uno stile ironico e satirico. L’incontro, intitolato “Il racconto straziante della musica italiana”, non ha deluso le aspettative: tra una canzone e l’altra, risate e buonumore non sono mai mancati.
La giornata finale si è aperta con la “social ride” di Lorenzo Barone, ospite che ritroveremo anche nel primo talk pomeridiano: un evento che ha riunito centinaia di appassionati, pronti a mettersi in sella e percorrere le meravigliose colline orvietane. Nel frattempo, durante la mattinata, si è celebrata la Giornata Mondiale della Riparazione, in cui, nei luoghi associati al festival, alcune associazioni si sono rese disponibili per dare nuova vita agli oggetti e discutere di questo tema.
Prima dello spettacolo teatrale si sono svolti due incontri che, a mio avviso, sono stati molto interessanti. Il primo ha coinvolto il già citato Lorenzo Barone insieme a Francesco “Frank” Lotta, conduttore e speaker radiofonico. I due hanno raccontato le proprie avventure, entrambe incredibili: quella di Lorenzo è una vera e propria “sfida contro sé stesso”, ai limiti dell’impossibile, che ha suscitato curiosità e stupore nel pubblico. Quella di Frank, invece, è un’esperienza vissuta fuori dai propri agi, raccontata con un tono soddisfatto per ciò che è stato realizzato, sempre con la battuta pronta.
Il secondo talk è stato caratterizzato dalla presenza di Micah Paul Hinson, noto cantautore e chitarrista statunitense. Un personaggio stravagante e dalle mille sfaccettature, che si è rivelato però una persona straordinaria interiormente, con tante storie da raccontare e, soprattutto, canzoni leggere ma tutt’altro che banali.
Arriviamo ora all’atto finale, probabilmente anche il più atteso: Elio Germano e Teho Teardo con “Viaggio al termine della notte”. Non ero mai stato a teatro prima d’ora, ma questi due artisti sono riusciti a farmi rivalutare un’arte che non avrei mai pensato potesse conquistarmi.
Lo spettacolo ruota attorno al tema della guerra, con toni duri e un’intensità emotiva palpabile. Germano interpreta magistralmente il protagonista, restituendo con potenza la disperazione e l’orrore dell’umanità travolta dal conflitto. Al suo fianco, Teardo costruisce un universo sonoro affascinante, fatto di effetti spaziali e suggestioni perfettamente calibrate, arricchiti da tre violini che donano alla scena una bellezza musicale inestimabile.
Un’esperienza totalizzante, capace di scuotere e far riflettere. “Viaggio al termine della notte” non è solo teatro: è un’immersione nell’animo umano, dove arte, musica e parola si fondono in un’unica, potente emozione.
Il Triplo Sound Festival si è concluso, ma l’eco delle emozioni vissute continua a risuonare dentro di me. Ho avuto il privilegio di guardare da vicino l’incontro tra arte e persone, tra musica e pensiero, tra parole e silenzi pieni di significato. Non è stato solo un festival, è stata un’esperienza viva, condivisa, che ha lasciato tracce profonde.
Porto con me non solo i momenti spettacolari, ma anche quelli più intimi, quelli che mi hanno spinto a guardare oltre, a farmi domande e, forse, a conoscermi un po’ di più. Se questo è ciò che riesce a fare un festival, allora spero di raccontarne ancora molti altri. Ma, per ora, custodirò con gratitudine questa edizione, perché – lo ripeto – è stata davvero incredibile.
Alla prossima, Triplo Sound.
