
Una comunità intera è in lutto dopo la morte di Paolo, che si è tolto la vita nella sua cameretta.
La tragedia si è consumata qualche giorno fa nel comune di Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina. Aveva solo 15 anni Paolo. Un’età in cui dovresti avere sogni, non pensieri di morte. Si è tolto la vita in silenzio, lasciando dietro di sé una famiglia distrutta, una scuola che non ha visto, o non ha voluto vedere, e una comunità ora costretta a fare i conti con un dolore troppo grande
Secondo quanto ricostruito, Paolo era vittima da tempo di atti di bullismo: prese in giro, insulti, esclusione sociale, messaggi offensivi e umiliazioni anche via chat di classe. I genitori avrebbero segnalato la situazione alla scuola già durante gli anni della scuola media, ma secondo quanto riferito, quegli avvertimenti non hanno avuto risposta concreta.
Nella serata precedente al gesto fatale, Paolo avrebbe scritto in una chat con i compagni: “Conservatemi un posto in prima fila a scuola”. Frase che appare ora, agli occhi degli inquirenti, come una richiesta drammatica di attenzione. La mattina dopo è stato trovato morto in casa.
Ora la Procura indaga per istigazione al suicidio. Sono state disposte ispezioni nelle scuole. Ma tutto questo arriva dopo. Dopo la tragedia. Dopo che un ragazzo si è spento nella più totale solitudine, con la sensazione terribile di non avere via d’uscita.
Il fratello di Paolo ha inviato una lettera, prima al ministro poi alla premier, chiedendo che questa tragedia non resti nell’ombra, che emergano le responsabilità e che siano adottati provvedimenti concreti per prevenire altri casi.
Nel 2024 è stata approvata la Legge 70/2024, che rafforza gli obblighi delle scuole in caso di atti di bullismo: l’obbligo di chiamare i genitori degli studenti implicati, di attivare attività educative, e nei casi più gravi di reiterazione, la notifica alle autorità competenti. Tuttavia, frequentemente emergono casi come quello di Paolo in cui, nonostante le segnalazioni, non si è riusciti a intervenire in modo efficace.
Il bullismo non è un “gioco tra ragazzi”. È violenza. E il silenzio degli adulti che non intervengono è complicità, questa l’accusa della famiglia e la testimonianza della madre: “Mio figlio lasciato senza ascolto”.
La morte di Paolo ci porta a porci delle domande urgenti: Come possono le scuole migliorare i canali di ascolto e intervento? Quanto sono diffuse le situazioni in cui segnalazioni di bullismo rimangono lettera morta? Qual è il ruolo delle famiglie e della comunità locale nel sostenere ragazzi in difficoltà?
Questa tragedia porta con sé un dolore profondo e molte responsabilità. Non è solo il fallimento singolo di un istituto, ma un segnale che l’intero sistema educativo e sociale deve saper cogliere: quando un ragazzo sente che nessuno lo vede, che nessuno ascolta, il vuoto lasciato può diventare insopportabile. Il ricordo di Paolo non può essere solo pianto, ma monito per cambiare.