Viviamo in un mondo in cui il confronto è diventato una necessità quotidiana. Ci misuriamo con gli altri in tutto: nei voti, nello sport, nell’aspetto fisico, nei social. A volte non lo facciamo nemmeno per migliorare, ma solo per sentirci “abbastanza”. È come se il valore di una persona dipendesse da quanti consensi riesce a ottenere, più che da ciò che è davvero. E questo non riguarda solo “gli altri”: lo sentiamo anche dentro di noi, ogni giorno.
Personalmente, non mi fa stare bene. Cerco di concentrarmi su me stesso, ma non sempre ci riesco. Questo continuo bisogno di confronto pesa, soprattutto sui ragazzi della nostra età. Ci spinge a sentirci mai all’altezza, a pensare di dover essere perfetti per valere qualcosa. E a volte, questa pressione diventa così forte da trasformarsi in ansia, stress e — nei casi più gravi — porta i giovani anche a gesti estremi come il suicidio.
I social, in tutto questo, hanno un ruolo enorme. Hanno cambiato il modo in cui ci vediamo e in cui vogliamo essere visti. Ogni foto, ogni storia, ogni post diventa una piccola vetrina in cui esporre solo il meglio di sé: il sorriso giusto, la luce perfetta, la frase che suona bene. Ma dietro quell’immagine costruita c’è spesso molto di più: insicurezza, bisogno di approvazione, paura di sparire se non si viene notati, se nessuno mette like o reagisce.
Il problema è che, a forza di mostrare solo la parte “bella”, finiamo per credere che sia quella l’unica che conta. Così smettiamo di accettare la nostra parte vera, quella che sbaglia, che non sempre ce la fa, che a volte ha semplicemente bisogno di fermarsi.
Mi ha colpito molto una canzone di un giovane artista, 22Simba (che consiglio a chiunque di ascoltare), chiamata “Stare bene”. In un passaggio dice:
“Si tengono la maschera anche davanti allo specchio, tu scopriti da te non arrivarci da vecchio.”
Una frase semplice ma potente, che ci ricorda che la felicità non sta nel sembrare, ma nel capire davvero chi siamo. È proprio grazie a questa canzone che ho avuto l’idea di scrivere questo articolo.
Alla fine ci dimentichiamo che dietro alla maschera dei social c’è una persona vera. Una persona che sbaglia, che non è perfetta, che ha “giornate no” e fragilità come tutti. Ma questo sembra non contare più in un mondo dove l’apparenza vale più della verità. Eppure è proprio da lì, dall’imperfezione, che nasce la parte più autentica di noi. Forse dovremmo imparare a mostrarla di più — non per piacere agli altri, ma per stare bene con noi stessi.
